28 ottobre 2011

LAURA, CHE CANTAVA NELLE MELE VERDI

Laura sul palco di uno spettacolo delle Mele Verdi e adesso


«Io sono arrivata dopo Barbapapà e prima del Festival di Sanremo. Non so a chi possa interessare la mia esperienza...». Così dice Laura, che negli anni Ottanta è stata una delle Mele Verdi. Ovvero il gruppo di bambini e ragazzi che stava dietro le sigle di cartoni e telefilm e, almeno nella zona di Milano, anche sul palcoscenico dei teatri. Se ne vanta? Nemmeno un po'. E non perché pensa ai giorni in cui «avevamo come divisa di scena i pantaloni corti e le magliette a righe», e lo dice con una faccia che lascia intuire un filo di disagio per l'abito di scena. Questione di carattere, forse, altrimenti non avrebbe iniziato una conversazione sul tema, con le canzoni a cui non ha partecipato.
Allora pensiamo noi a elencare quelle in cui c'era anche la sua voce: La banda dei ranocchi, per esempio, sigla del cartoon omonimo, quello dello stagno in cui vivevano tra mille avventure Demetan e Ranatan. Oppure Ippotommaso, che “possiede una mascella che ci entra anche una villa”. O ancora Sabato al supermercato, che faceva da canzone a tema di uno spettacolo portato nei teatri di Milano, in cui le piccole Mele cantavano, ballavano e recitavano. «E mia madre» ricorda Laura «aveva cucito i costumi». Un'impresa non facile, visto che si parlava di educazione alimentare e i giovani attori dovevano vestirsi da carboidrato e da proteina.
Ma come si diventava Mele Verdi? «Per caso» ricorda Laura, che all'epoca viveva a Milano. «Mitzi Amoroso era la leader e fondatrice del gruppo. E, per reclutare giovani cantanti, spesso girava per chiese e oratori, per ascoltare i cori parrocchiali. Quando è arrivata nel mio, mi ha chiesto se volessi provare quell'avventura. Non credevo di avere una voce particolare. Ma è andata così».
Per Laura e le sue coetanee del gruppo fu l'inizio di un'esperienza davvero speciale. Come le sessioni in sala di registrazione, per esempio, per mettere su nastro le canzoni che poi sarebbero diventate 45 giri. «Fu una sorpresa scoprire che i pezzi di canzoni si registravano uno per volta, anche più volte, e poi venivano miscelati insieme in un secondo tempo. Pensai che così era troppo facile». E come gli spettacoli: «Sul palcoscenico si ballava, si cantava e si recitava. Ci aiutava un attore adulto. E mi ricordo le sgridate di Mitzi...». Era un gruppo di Under 14, certo, ma organizzato con criteri di grande professionalità. Basti un breve elenco delle collaborazioni: Roberto Vecchioni scrisse tutti i testi delle canzoni di Barbapapà, non solo quella della sigla ma anche quelle che compaiono nelle varie puntate. Corrado Castellari, musicista che ha collaborato con Fabrizio De André e Mina, collaborava con Mitzi alle canzoni. E la figlia di lui, Melody, era parte del gruppo.
Di Mitzi Amoroso, la leader e fondatrice, Laura ha un ricordo molto affettuoso. E sa svelarne anche qualche segreto: «Ricordate la sigla di Woobinda? La voce del bambino del ritornello è quella di suo figlio. Invece ho perso di vista le altre ragazze del gruppo». Qualcuna è stata “ripescata” dalle trasmissioni revival, come I migliori anni. E un elenco delle componenti del gruppo nel corso degli anni di attività più intensa è sul sito che i fans hanno dedicato alle Mele Verdi. Laura non ne fa (ancora) parte, benedetta timidezza.
L'esperienza finì, per questione di età, e di priorità: «Ero una ragazza, ormai. E devo ammettere che mi metteva un po' a disagio continuare a salire sul palcoscenico con gli abiti di scena da bambina...». Però nessun rimpianto, solo bei ricordi. E quella solita timidezza: «Ma siete sicuri che interessi a qualcuno?». Scommettiamo di sì?

PS: adesso Laura per gli amici è Lalla e ha un lavoro bellissimo: fa parte della sezione italiana di Dialogue in the dark, ovvero dialogo nel buio. Perché è al buio il viaggio che propongono, attraverso stanze che simulano situazioni della vita di tutti i giorni (dalla strada al bar). Ci si muove accompagnati da non vedenti che si orientano perfettamente al buio, mentre noi, che pure abbiamo gli occhi che funzionano, neanche un po'. Così, per una volta soltanto, proviamo a vivere da disabili in un ambiente dove loro, che consideriamo disabili, ci fanno da guida. Niente di più istruttivo.

1 commento:

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