09 febbraio 2012

LE GNOCCHE DEI CARTONI ANNI OTTANTA #5

 
Premessa: per i maschi, era un'onta insopportabile farsi beccare a guardare i cartoni da femmine. C'era però una sorta di deroga, se i cartoni avevano un argomento non troppo mieloso e romantico. Quelli sportivi, per esempio. Il contraltare di Holly e Benji, di Ken Falco e dei suoi gran premi, degli inarrestabili Superboys guidati da Shingo Tamai erano le pallavoliste.
Cominciò Mimì, che di cognome faceva Ayuhara e di professione la schiacciatrice. Ma non una normale, che saltava, colpiva il pallone e il pallone andava di là. Saltava, stava trentacinque secondi per aria, faceva un paio di piroette, un avvitamento, due salti mortali carpiati (il che la rendeva perfetta anche per la finale olimpica di tuffi) e poi colpiva il pallone, che assumeva la tipica forma dell'arachide, dopo lo schiaffone infertogli dalla numero uno. Di maglia e di fatto, a colpi di allenamenti massacranti: indimenticabili le sequenze di pallonate che era costretta a difendere e finivano sempre con lei livida e dolorante a terra, colpita ovunque dalle sfere bianche, ovviamente marca Mikasa. Il suo sex appeal? Non così vistoso: capelli scuri perennemente legati in una coda, fisico da atleta, con poca indulgenza a ciò che poteva essere offerto agli altrui sguardi. Ma lo spirito di squadra e il fatto che non mollava mai erano affascinanti per noi maschietti che solo dopo avremmo capito le meraviglie di quei pantaloncini-mutandina attillati di prassi, nelle divise di pallavolo femminile di una volta.
Poi arrivò Mila, che alternava le imprese sportive ai batticuore per il suo Shiro, e per questo era più difficilmente digeribile dal pubblico maschile. Forse noi maschietti avremmo apprezzato di più la serie, se solo Mediaset non si fosse premurata di censurare le (comunque poche) scene negli spogliatoi o ai bagni termali, in cui era possibile ammirare molto da vicino le grazie delle atlete, protagonista compresa. Che i capelli corti e rossi e gli occhi azzurrognoli sono carini, ma anche l'occhio vuole la sua parte, no?
Cambiando sport, come dimenticare Jenny la tennista? Come dimenticarla anche per le assurdità e le sproporzioni tipiche di ogni cartoon sportivo: colpi di rovescio che impiegavano 35 secondi per arrivare dall'altra parte del campo, corse per raggiungerli che facevano somigliare il campo in terra battuta a una pista d'atletica, torsioni innaturali di corpi e racchette. Jenny era mora, agile, magra ma con qualche curva che sapeva far capolino sotto la divisa bianca d'ordinanza. E alla fine, a confronto dell'altera eleganza di Madame Butterfly, la campionessa rivale, era nettamente la migliore. Perché si dice che gli uomini preferiscano le bionde, ma a patto che non siano stronze...

Ps: volendo ci sarebbe anche Pat, la ragazza del baseball. Ma diciamocelo: era una vera cozza...

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